Goldrake e i terremoti

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Avevo quattro anni quando il terremoto distrusse l’Irpinia.  Io e la mia famiglia ci eravamo già trasferiti nella casa in campagna. Mio fratello sarebbe nato solo un paio di settimane dopo.

Nel corso degli anni, parlandone con i miei amici, ho scoperto che tutti si ricordano esattamente, dettaglio per dettaglio, dov’erano quella sera. Sembra sia il ricordo più forte che la mia generazione porta con se.

Io stavo disegnando su un tavolo nella stanza che mia madre usava come studio. Insieme a me c’erano i miei cugini mentre gli adulti stavano chiacchierando nel salone.

Mentre coloravo, il foglio sotto le mie mani si mosse. A partire da questo preciso momento io mi ricordo tutto, ogni movimento del mio corpo, ogni frase detta dai miei genitori, rivedo le mie mani sul foglio e il pastello tra le dita.

Sento mio padre che urla e che si avvicina. Giro la testa verso la porta, verso la sua voce che urla. Nel ruotare la testa, mi accorgo che il lampadario sopra di me sta oscillando, le ombre della stanza ballano.

Mio padre arriva. Blocca la sua corsa aggrappandosi ad uno stipite della porta. Adesso tiene tutte e due le mani appoggiate agli stipiti. Ha gambe e braccia allargate ad ics. Non riesce a mantenersi dritto e scivola da un lato all’altro della porta. Sorrido perché è buffo.

“Che cos’è?” gli chiedo.

E lui inizia ad urlare: “il terremoto, il terremoto, il terremoto “.

Si stacca dalla porta e mi salta addosso. Mi prende, mi regge con un braccio solo, mentre con l’altro cerca di mantenersi in piedi. Adesso vedo solo le sue gambe perchè sono a pancia in giù, il suo braccio che mi stringe sull’addome. Sento che anche i miei zii sono corsi in camera per raccogliere i miei cugini.

Mi scorrono davanti agli occhi, prima il pavimento del corridoio, poi quello del porticato di fronte casa, i tre gradini ed infine i lastroni di cemento che ricoprono il piazzale di fronte casa. Mio padre mi posa per terra. Mia madre dice qualcosa, ma non riesco a sentire.

Adesso siamo tutti in piedi di fronte alla casa e la stiamo guardando. Fuori è buio.

Io mi giro verso la collina che sale sulla destra della casa, sto aspettando che arrivino le esplosioni e la frana. Non arriva niente e io sono un po’ deluso. Mi giro verso mio padre, riesco ancora a ricordare la mia testa che si inclina verso l’alto cercando il volto di mio padre che nel frattempo mi tiene la mano, “papino dove sono le pietre? ci sono sempre le pietre che volano quando c’è il terremoto nei cartoni animati”.

“Non ci sono sempre le pietre con i terremoti” mi rispose e mi accarezzò. Mi piace immaginare che stesse sorridendo.

Ecco, a me torna sempre in mente quella sera quando succede un terremoto.