Akira e Ghost in the Shell 2: che filmoni!

Ho passato sabato e domenica sera a guardarmi due film di animazione giapponese. Ho iniziato sabato con Akira e ho continuato domenica con Ghost in the Shell 2.

Akira è un film del 1988 di Katsuhiro Otomo. Quella di sabato sera sarà stata la quindicesima volta che l’ho rivisto. La prima volta fu una sera di estate quando, tornato da una vacanza studio, misi nel videoregistratore la videocassetta che avevo comprato in Inghilterra. Il film era in lingua originale sottotitolato in inglese. Ammetto che la prima volta capii bel poco della trama.

Da quella volta, ho visto e rivisto Akira e ogni volta capendone sempre un pezzettino di più. Per chi non lo sapesse Akira racconta la storia di due amici, Kaneda e Tetsuo. Kaneda è forte e carismatico mentre Tetsuo è un ragazzo più impacciato. Tetsuo viene sottoposto ad alcuni esperimenti e si trasforma in un essere potentissimo.

L’altro film che ho visto è il seguito di Ghost in the shell. Forse anche chi non è appassionato di cultura giapponese ha già sentito parlare di questo film grazie alla versione con Scarlett Johansson che è uscita quest’anno. Il ghost del titolo è l’anima degli esseri umani ma anche l’anima dei robot.

I due film sono uno completamente diverso dall’altro, non hanno niente in comune sia per stile grafico sia per tematiche. O forse no, forse entrambe le pellicole raccontano di cosa voglia dire essere persone, di cosa siano gli esseri umani? Non lo so. Akira continuo a cercare di capirlo, mentre Ghost in the Shell 2 non so bene che cosa sia.

Però ci sono due dettagli che mi hanno colpito nei due film.

Il primo dettaglio è quando Tetsuo sta per essere inghiottito dalla sfera di energia gigante, durante le ultime scene di Akira. La sfera lo trascenderà, lo trasformerà in un essere di pura energia. Per gran parte del film Tetsuo è stato un personaggio cattivo, un ragazzo compromesso dal potere, un potere che lo ha reso malvagio e vendicativo. Tetsuo ha ucciso centinaia di persone, è stato un mostro, ma in questi ultimi istanti di umanità, prima di trasformarsi in un essere superiore, Tetsuo ha paura e si gira verso il suo vecchio amico Kaneda e chiede aiuto, e lo fa piangendo come un bambino.

L’altro dettaglio che mi ha colpito è nella trama di Ghost in the Shell 2. Il film racconta di alcuni robot che perdono il controllo e uccidono alcuni esseri umani. I robot dopo aver commesso questi omicidi sì distruggono, si suicidano. Questi Robot si chiamano ginoidi e sono bambole di compagnia, strumenti sessuali per uomini facoltosi. Il dettaglio che mi ha colpito è quando, durante un dialogo, veniamo a scoprire che queste ginoidi hanno una caratteristica diversa da tutti gli altri robot, una differenza che le rende adatte ad essere strumenti sessuali, una caratteristica che le rende molto più simili agli esseri umani e perciò più attraenti. Questi robot hanno l’anima.

Sia Akira sia Ghost in the Shell 2 si trovano su Netflix. Se non li avete mai visti, anche se pensate di non essere interessati ai cartoni animati giapponesi, ma siete curiosi di vedere due bei film, profondi e per niente scontati, io ve li consiglio di cuore.

(quella qua sopra è la scena della parata di Ghost in the Shell 2, non è bellissima?)

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Nonnonba viveva a Sakaiminato

Nonnonba viveva a Sakaiminato, un piccolo villaggio di pescatori del sud del Giappone. Era da poco iniziata l’era Showa, il periodo di “pace illuminata” dell’imperatore Hirohito. La donna era vedova ed era stata costretta a trasferirsi nella casa dei Mura dove, oltre che a occuparsi delle faccende domestiche, aveva anche il compito di prendersi cura dei  loro tre figli.

Nonnonba era ormai molto anziana e si sentiva un po’ a disagio nel vivere con quegli strani padroni di casa. La signora continuava a ripetere di essere erede di una famiglia di alto lignaggio, famiglia un tempo proprietaria di ben tre granai. Il padrone di casa invece era stato per anni il vanto del villaggio, il primo ragazzo di Sakaiminato ad entrare all’università di Tokyo, e adesso era un semplcie impiegato di banca con la passione per il cinema.

Il secondo figlio della famiglia Mura si chiamava Shigeru ed era un bambino con un gran talento per il disegno. Era anche un appassionato di storie di Yokai e aveva trovato nella vecchia Nonnonba una fonte inesauribili di aneddoti su spiriti e fantasmi. Fu la vecchia signora ad esempio a raccontargli la storia di Nururu Bozu lo spirito che vaga vicino al mare e che soffre di un gran prurito, un prurito tanto forte che spinge Nururu ad appoggiarsi sulla schiena delle persone per grattarsi. Quando vicino al mare ci si sente un peso sulle spalle è molto probabile che quello sia Nururu Bozu alla ricerca di sollievo.

Ai tempi delle serate passate in casa ad ascoltare le storie di fantasmi e spiriti, il piccolo Shigeru aveva solo 9 anni, era un bimbo svogliato, odiava la scuola e passava tutto il suo tempo libero disegnando o giocando per strada con i suoi compagni. Giocavano alla guerra e si erano costruiti perfino una bandiera con il simbolo dell’imperatore, marciavano cantando le canzoni che imparavano a scuola, versi che ricordavano le vittorie del grande Giappone e che esaltavano i giovani animi di Shigeru e dei suoi amici: “Noi siamo i coraggiosi eroi, castigheremo il traditore nel nome dell’Imperatore” – così cantavano.

Dieci anni dopo Shigeru non era più un bambino, aveva vent’anni ed era il 1942, Hirohito era ancora Imperatore, ma il Giappone non era più in pace. Il secondogenito dei Mura venne arruolato. Sotto le armi non cambiò le sue abitudine, restò pigro e svogliato e per questo venne punito e inviato al fronte sull’isola di Nuova Bretagna in Papua Nuova Guinea.

Sull’isola di Nuova Bretagna i compagni d’armi di Shigeru iniziarono a morire ancor prima che il nemico potesse sferrare il primo attacco. La malaria fu il primo nemico che dovettero affrontare, il campo che i soldati avevano costruito si trovava nel mezzo della foresta, si dormiva all’aperto e poco si poteva fare per difendersi dal contagio. Dopo i morti per malaria vennero i dispersi nella giungla, i morti per una caduta, quelli sbranati da un coccodrillo.

Gli ufficiali erano seccati da questi inconvenienti, non c’era nulla di decoroso in quelle morti così stupide. I soldati giapponesi dovevano morire sui campi di battaglia mentre difendevano l’onore dell’imperatore. Gli ufficiali perciò picchiavano spesso Shigeru e i suoi compagni, era l’unico modo per poterli trasformare in veri uomini.

Ben presto arrivarono gli americani e si iniziò a morire anche per le bombe. L’esercito dell’Imperatore si trovò a dover difendere le spiagge delle Nuova Bretagna dagli attacchi di un nemico più attrezzato, più armato e più organizzato. Poco dopo l’isola fu persa, ma i valorosi ufficiali giapponesi, eredi degli antichi samurai, decisero di sferrare l’ultimo attacco suicida. Non c’era alcuna speranza, ma la bella morte era sicuramente la scelta giusta da fare. L’esercito giapponese perse la battaglia, morirono in centinaia, Shigeru fu ferito, perse un braccio in battaglia e venne fatto prigioniero. Dopo l’armistizio fu rispedito in Giappone.

Oggi Shigeru Moru si fa chiamare Shigeru Mizuki, ha 93 anni, è ancora molto pigro ed è uno dei più importanti autori di fumetti del Giappone.

Per chi vuole approfondire:

NonNonBâ. Storie di fantasmi giapponesi di Shigeru Mizuki
Editore: Rizzoli Lizard (13 giugno 2012)
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8817057266
ISBN-13: 978-8817057264

Verso una nobile morte di Shigeru Mizuki
Editore: Rizzoli Lizard (28 agosto 2013)
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8817066818
ISBN-13: 978-8817066815