Yassin mi spiega la Brexit

Insieme alle mie quattro coinquiline siamo andati a passare il ponte del 25 Aprile a Londra.

(per i selfie alla manifestazione con i partigiani dobbiamo rimandare all’anno prossimo)

L’ultima volta che siamo stati là era il 2012 e ancora non c’era una delle coinquiline.

Comunque.

Cinque anni sembrano pochi, ma per una città come Londra sono un’eternità. Anche se ci passi pochi giorni non puoi non accorgertene.

Ad esempio una cosa che non c’era nel 2012 era UberContinua a leggere

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Che ne sarà di mia sorella? La storia di una bambina e della paura di essere deportati

“Non dobbiamo ragionare con la pancia, ma col cervello e anche con un po’ di cuore
Emma Bonino

Perché spesso bisogna prendere decisioni che riguardano gli aspetti più profondi della nostra umanità. E quando facciamo una scelta, quando decidiamo cosa comprare, chi votare, dove andare a vivere, quanto pagare la baby sitter, stiamo compiendo azioni che influenzano direttamente la vita di altre persone. E le persone sono fatte di carne ed emozioni. E quelle persone avranno una famiglia, un cane, un gatto, un povero cristo che le aspetta a casa la sera.

Perché anche i più stronzi di noi hanno il diritto ad essere considerati degli esseri umani. Perciò bisogna ragionare anche con il cuore.

E bisogna essere empatici. Pensare con la testa degli altri. Emozionarsi delle stesse emozioni che guidano altri essere umani.

***

Questo post va letto e ascoltato. Metti un paio di cuffie e quando ti dico io, premi play sui file audio che troverai strada facendo.

Seguimi perché ti racconterò la storia di una famiglia e delle sue paure. Continua a leggere

I negri si sono menati in piazza

Ieri alcuni ragazzi si sono menati in piazza. Erano tutti negri. Io non li ho visti, ma deve essere stata una cosa grossa perché tutto il quartiere ne parla.

Mia moglie dice che la portiera le ha detto che si sono menati. Ho sentito mio padre a telefono stamattina e pure lui mi ha detto che si erano menati. Anche il verdummaro e il chianchiere sotto casa mi hanno detto che si erano menati. Il ragazzo dell’edicola invece non mi ha detto niente.

Io non li ho visti che si menavano, ma ho capito chi erano. Li vedo sempre quando passo di là. Sono quattro o cinque negri che stanno sempre seduti su una panchina. Oppure ciondolano per la piazza. Dicono che chiedono soldi. A me non hanno mai chiesto niente. Di solito qualche spicciolo glielo do sempre ai negri per strada. A questi non mi è mai capitato.

Non mi hanno saputo dire perché si sono menati. Saranno storie loro, roba di cose loro. Oggi sono passato e non c’erano, forse hanno esagerato e hanno capito che era meglio non farsi vedere per un po’. Erano tutti molto giovani e alti, magri come quegli adolescenti che sembrano che brucino tutto col semplice respirare.

Non so che faccia hanno perché non mi piace fissarli. Sembra sempre che tu li fissi perché sono negri, ma invece vuoi solo vedere che faccia hanno questi che vengono da fuori.

Che poi, uno fa tutto un viaggio di milioni di chilometri per poi finire a menarsi in una piazza di Benevento. A me sembra proprio una fesseria. Chissà se si sono fatti male. Questo nessuno me l’ha saputo dire, mi hanno detto che si sono menati e che è uno schifo, mi hanno detto che adesso la polizia deve venire più spesso e che perfino il sindaco si è lamentato.

Mi hanno detto che i negri in piazza si sono menati, ma nessuno mi ha saputo dire se qualcuno di quei ragazzi si è fatto male.

La vaniglia e quello schiavo di 12 anni

Tra i migliori podcast scoperti negli ultimi mesi c’è Wonderland di Steven Johnson. La prima stagione è composta da 10 episodi di circa 15 minuti l’uno. Il podcast esplora la relazione che esiste tra il gioco (o il divertimento) e l’evoluzione umana. Johnson ha anche pubblicato un libro sullo steso tema dal titolo Wonderland: How Play Made the Modern World.

(se avete 7 minuti guardatevi il video qua sopra, ci sono anche i sottotitoli in italiano)

Uno degli episodi racconta la storia delle spezie. Ed è interessante perché mette l’accento su un’aspetto particolare della storia dell’umanità: la coltivazione e la ricerca delle spezie per insaporire il cibo. Se ci pensate bene, il pepe e le altre spezie non so fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo. Cambiare e migliorare il sapore di un cibo è una forma di gioco, di intrattenimento per gli uomini, non è un’attività necessaria per vivere.

Alcune spezie sono addirittura “lesive” per l’uomo. Il peperoncino, ad esempio, è una spezia “dolorosa” che richiede un certo livello di preparazione per essere apprezzata.

Ma nonostante tutto questo, le spezie sono state sempre al centro dell’interesse commerciale degli uomini. Per le spezie sono state combattute guerre, sono stati affrontati viaggi pericolosissimi, imperi sono stati creati per poter soddisfare la voglia di spezie dell’uomo.

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cacciatori di spezie

Tra le storie raccontate nel podcast di Johnson c’è quella della Vaniglia.

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Si può far male ad un cane robot?

La Boston Dynamics è una società americana specializzata nella creazione di robot. La società nacque nel 1992 come spin-off del MIT, il Massachusetts Institute of Technology, uno delle più importanti università tecnologiche del mondo.

Nel 2013 la società venne acquistata da Google e ne fu messo a capo Andy Rubin, l’ingegnere che aveva creato il sistema operativo Android. Google acquistò la società per esplorare le possibilità di integrazione della tecnologia digitale con il mondo “reale”. Nel 2016, dopo una profonda ristrutturazione aziendale che ha portato alla nascita di Alphabet, i piani di Google per i suoi robot sono cambiati ed è stato annunciata la vendita di Boston Dynamics.

Ma come mai Google aveva sborsato 500 Milioni di Dollari per acquisire una piccola azienda di tecnologia americana che vendeva tecnologia all’esercito USA?

Perché i robot fatti a Boston sembrano usciti da un film di fantascienza.

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Welcome to the machine

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Bikini e lo Zar, le più grandi bombe mai esplose

Nel luglio del 1945 gli Stati Uniti d’America riuscirono per la prima volta a far esplodere una bomba atomica. L’esplosione avvenne nel deserto del Nuovo Messico, la bomba si chiamava “The Gadget” e raggiunse una potenza di circa 20 Chilotoni.

Un Chilotone è una unità di misura che si usa per gli esplosivi. Un Chilotone equivale a circa 4 mila miliardi di Joule.

Wikipedia spiega che:

Ci si può fare un’idea di quanto sia un joule considerando che è circa pari al lavoro richiesto per sollevare una massa di 102 g (una piccola mela) per un metro, opponendosi alla forza di gravità terrestre.

Quindi 20 Chilotoni è l’energia necessaria a spostare di un metro una mela pesante 8 mila miliardi di kilogrammi (una mela grossa più o meno come uno dei satelliti di Giove).

Un Chilotone è anche la misura dell’energia sprigionata da mille tonnellate di tritolo. Nella foto sotto ci sono 47 Kilogrammi di Tritolo. Immaginate quella foto ripetuta 400 mila volte e avrete il tritolo necessario per arrivare a “The Gadget”.

(Tra parentesi, per avere un’idea di quante siano 400 mila foto considerate che se a casa avete un televisione HD, là ci sono “ben” 600 mila pixel).

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47 Kilogrammi di tritolo

Ad agosto dello stesso anno su Nagasaki e Hiroshima vennero fatte esplodere la seconda e la terza bomba atomica mai costruite. Su Hiroshima venne sganciata “Little Boy” da 16 Chilotoni e su Nagasaki arrivò “Fat Man” da 25 Chilotoni. Continua a leggere

Hallelujah di Leonard Cohen è come un quadro di Cézanne

Ho già raccontato le storie dei primi tre episodi di Revisionist History, il podcast di Malcolm Gladwell. Gli episodi dal quattro al sei sono un po’ complessi e forse troppo legati alla cultura e alla politica americana, perciò ho deciso di saltare direttamente al settimo e di raccontarvi la nascita di Hallelujah di Leonard Cohen.

La storia di questo episodio serve a Gladwell per spiegare un ipotesi interessante sul tema della genialità e dello spirito creativo.

L’economista David W. Galenson nel suo libro Old Masters and Young Geniuses – The Two Life Cycles of Artistic Creativity ipotizza l’esistenza di due tipi diversi di geni creativi.

Da una parte ci sono le persone che iniziano a produrre opere artistiche fin da molto giovani, sono quelli che hanno un’idea in mente e con precisione e sicurezza la mettono subito in atto. Sono gli artisti che articolano un’idea, pianificano e agiscono con efficacia. Galenson li definisce gli “innovatori concettuali”. Picasso ad esempio era un innovatore concettuale.

Pablo Picasso è stato uno degli artisti più influenti di tutto il secolo scorso. A vent’anni Picasso aveva ben chiaro in mente una sua idea di arte e di espressività. Mise in atto subito queste sue idee, era sicuro di quello che voleva e non aveva dubbi.  Continua a leggere

auto nel parco

Criature – Terra e Fango (1 di 7)

criature

San Cupo ai Monti è un piccolo paesino della Campania. Non è vicino al mare, ma non è nemmeno in montagna. I suoi abitanti, i sancupesi, hanno la fama di essere schivi e perfino un po’ asociali. La verità è che quello che in molti scambiano per cattivo carattere, è una forma antica di orgoglio e amor proprio.

Per capire bene quale sia la mentalità di questa gente ci sono diverse storie che si potrebbero raccontare. Ad esempio c’è quella del ragazzo che scomparve negli anni 80.

Il ragazzo era figlio del barbiere del paese e nel locale del padre faceva il garzone. Tutti i maschi di San Cupo gli avevano elargito un po’ di mancia alla fine di una barba, di un taglio di capelli, di una passata di nero sull’argento di una tempia.

La storia di Giorgio, così si chiamava, iniziò quando durante un lunedì mattina, sfruttando il giorno di chiusura del locale paterno, decise di andare a cacciare funghi nel bosco. Non c’era molto altro da fare in paese, San Cupo non era troppo lontana dalle grandi città, ma era separata dal resto del mondo da decenni di evoluzione sociale. Discoteche, bar, pub e sale giochi erano lontani solo qualche decine di chilometri, ma separate da un abisso di diffidenza ed incomprensione. Al giovane Giorgio, per poter impiegare il tempo libero dei lunedì, non restava altro che inforcare un cestino di vimini e girare per i boschi alla ricerca di porcini e cantarelli.

Fu durante il percorso che lo portava verso i boschi, mentre camminava lungo la strada provinciale, che Giorgio perse l’uso delle gambe e cadde a terra.

Fu ritrovato da un contadino che passava di là col suo trattore. Quella fu l’ultima persona di San Cupo che vide Giorgio. Si seppe che il ragazzo fu portato in ospedale e da lì riportato a casa in paese. Dopo qualche giorno il padre tornò ad aprire la bottega e la madre si rivide in giro per il paese a far commissioni, come se nulla fosse successo. Giorgio era un argomento di cui entrambi non parlavano mai, si sapeva che il ragazzo era accudito con amorevoli cure a casa, ma nessuno ebbe più la possibilità di incontrarlo. Giorgio scomparve dal paese. Dopo qualche anno un silenzioso funerale portò finalmente Giorgio fuori di casa per restituirlo al ricordo commosso del paese.

Per chi vive fuori San Cupo il comportamento dei genitori di Giorgio potrebbe sembrare crudele e spietato, ma sarebbe sbagliato giudicare i due con il metro dei forestieri. A San Cupo nessuno parla mai delle proprie disgrazie, le difficoltà vanno nascoste agli altri, non bisogna mai chiedere aiuto. La vita a San Cupo è sempre stata dura, i sancupesi sono gente povera cresciuta combattendo con terre sterili e montagne aride. Qui bisogna farcela da soli, chi non ce la fa non è forte abbastanza. Se il buon Dio ti manda una disgrazia devi dimostrargli di essere in grado di affrontarla. Solo chi è forte abbastanza ce la fa da solo.

Non era cattiveria quella del barbiere e di sua moglie, era amore per il figlio, era rispetto.

Erano passati molti decenni dalla morte di Giorgio, anche il barbiere e sua moglie erano morti. San Cupo era cambiata, la modernità era arrivata perfino lì, ma lo spirito delle genti era sempre quello. Le radici delle persone erano ancora piantate tra le miniere abbandonate di Contrada Razzi e il vecchio palazzo degli Ortona nel centro della piazza.

Fu solo un caso perciò che la scomparsa dei bambini avvenisse proprio su quella statale dove Giorgio era caduto tanti anni prima. Chissà se almeno uno dei genitori dei tredici bimbi scomparsi se ne ricordò quando la polizia li chiamò per cercare di spiegare loro cosa fosse successo.

Fu per caso che su quella strada si incontrarono due storie tanto lontane, ma abbracciate da un comune dolore.

(Criature è un progetto di scrittura creativa a cui tutti possono partecipare. Criature ha una pagina Facebook e un account Twitter. Per partecipare è sufficiente mandare un messaggio e chiedere il manuale con le regole. Criature è un storia a puntate scritta e pubblicata da diversi autori che raccontano lo stesso evento che si svolge nel paese fittizio di San Cupo ai Monti. Per leggere i racconti di Criature è sufficiente seguire la pagina Facebook o l’account Twitter.)

Dan Harmon

[Persone Eccezionali] Dan Harmon

Adesso vi spiego perché dovreste tutti tenere d’occhio Dan Harmon.

La prima volta che  ho incontrato Dan Harmon era il 2008 e la moda della serie televisive non era ancora diventata mainstream. Da qualche parte vidi la locandina di questa nuova serie comedy e c’era Chavy Chase tra i protagonisti. Tanto bastò per farmi decidere di scaricare i primi episodi di Community.

Community cast

Chavy Chase e altri tizi

Bastarono pochi episodi e quella serie divenne una delle mie preferite. La storia si svolgeva all’interno di un campus di un’università pubblica dove studiavano i protagonisti della serie. Non è facile spiegare perché un concept così semplice abbia creato una serie tanto di culto. I personaggi sono tutti sopra le righe, le dinamiche tra di loro sono in un certo modo profonde, e ogni episodio è un racconto divertente e strutturato alla perfezione.

Per farvi capire di cosa parliamo ecco qualche esempio. Continua a leggere

Ron Howard nel primo GTA

Ron Howard è figlio d’arte. I genitori si conobbero e si sposarono durante una tournée. Dovettero aspettare che la compagnia si trovasse in una contea in cui fosse possibile sposarsi entro le 24 ore perché non restavano mai più di un giorno in uno stesso posto.

Rance Howard, papà di Ron, smise ben presto di recitare e si dedicò a curare la carriera di figli.

Ron Howard durante l'Andy Griffith Sho

Ron Howard durante l’Andy Griffith Show

Ron nel 1959, a soli 5 anni, ottenne la sua prima parte importante recitando in un episodio di Twilight Zone (per quelli giovani tra di voi, diciamo che era una specie di Black Mirror). Il successo arrivò un anno dopo quando il piccolo Ron entrò nel Andy Griffith Show. Nel 1973 partecipò ad American Graffiti di George Lucas, film che celebra i meravigliosi anni 50 che allora andavano tanto di moda in America (ogni decade ha il suo revival). Visto il successo di American Graffiti, il canale televisivo ABC decise di rimettere mano ad un vecchio progetto ambientato proprio nei giorni felici dei ’50. Un progetto che aveva proprio in Ron Howard il protagonista principale: Happy Days. Continua a leggere