Il primo bacio

In una piccola casa al centro di Benevento ci sono tre bambine che stanno per addormentarsi. Luisa è la più piccola, ha 4 mesi ed è nella sua culla. Eleonora, la maggiore, ha 5 anni ed è stesa a pancia in giù nel lettone di mamma e papà. Costanza, infine, con i suoi 3 anni è la sorella di mezzo e si trova di fianco ad Eleonora.

Eleonora, Costanza e Luisa si addormentano e subito si risvegliano nel sogno di Luisa.

Luisa è troppo piccola per poter parlare e camminare, ma nei suoi sogni Luisa parla e si muove da sola. Per muoversi però non cammina, perché anche i sogni hanno delle regole. La piccola nei suoi sogni vola grazie a due ali magiche viola e gialle. Eleonora e Costanza non lo sanno ancora, ma il colore preferito di Luisa sarà il viola.

Luisa guarda le sorelle e le salute: “Benvenute”.
Costanza allora le chiede: “Luisa perché ci hai chiamato nei tuoi sogni?”
Luisa le spiega: “Ho bisogno del vostro aiuto, ho perso un tesoro molto prezioso”.
“Cosa hai perso?” chiede Eleonora.
Luisa le dice: “Non trovo più il mio tesoro più grande, il primo bacio di mamma”.

Costanza ed Eleonora decidono di aiutare la sorella. “Venite, vi porterò nel posto dove lo conservavo” dice Luisa “e per fare prima vi presenterò due miei amici”.

Da un cespuglio escono fuori due cavalli alati, uno tutto rosa e uno tutto rosso. Il cavallo rosso si avvicina a Costanza, quello rosa va verso Eleonora. I cavalli si chiamano Pink e Red perché Luisa sa che il colore preferito di Costanza è il rosso e il colore preferito di Eleonora è il rosa.

Luisa sbatte le ali e vola via, Eleonora e Costanza a cavalcioni sui loro nuovi amici la seguono. Le tre bimbe volano sul sogno di Luisa, volano su valli verdi attraversate da fiumi di latte candido, sorvolano foreste di ciucci gommosi, osservano la distesa del deserto dei biscotti. In breve tempo arrivano ad una pianura al cui centro c’è una montagna. La montagna ha la forma di una donna seduta a gambe incrociate. La donna della montagna è la mamma di Luisa, Eleonora e Costanza. Al centro della montagna c’è una piccola casetta con un giardino fiorito. I cavalli volanti atterrano davanti la porta della casetta, Luisa è già lì che li aspetta.

Luisa entra in casa ed invita le sorelle più grandi a fare lo stesso e dice: “Questa è la casa dove vengo a giocare quando sono nel mio sogno”.

Nel centro del salone della casetta di Luisa c’è una bacheca vuota. Luisa dice “Qui conservavo il mio primo bacio di mamma, ma adesso non c’è più”.

Eleonora allora si ricorda che due giorni prima aveva sognato di essere un detective. Cerca nella tasca del pigiama e ritrova la lente d’ingrandimento che aveva usato in quel sogno di due giorni prima. “Cerchiamo degli indizi”. dice alle sorelle.

Grazie alla lente da detective, Eleonora trova delle piccole impronte vicino alla bacheca vuota. Dice alle sorelle “Costanza. Luisa guardate qui, ci sono dei minuscoli segni di passettini che partono dalla bacheca. Sono piccoli come una punta di pastello. Vanno verso la porta, come se qualcuno fosse entrato e poi uscito”.

Luisa e Costanza in coro dicono “Allora seguiamole”.

Le tre bimbe seguono le impronte. Eleonora chinata con in mano la sua lente d’ingrandimento, Costanza dietro cammina in punta di piedi per non disturbare la sorella più grande ed infine Luisa che svolazza dietro. Le impronte attraversano il giardino e continuano lungo un sentiero. Il sentiero finisce in un bosco.

Luisa dice “Quello è il bosco incantato della montagna, io non posso entrarci”.
Costanza chiede “Perché non puoi entrarci Luisa?”.
La piccola risponde “Perché al centro di quel bosco c’è un villaggio protetto da una magia. Quella magia fa scomparire tutte le altre magie nel sogno. Se dovessi entrare nel bosco io non avrei più le mie ali e senza le ali io non posso muovermi”.
Eleonora allora dice “Ma io e Costanza non abbiamo bisogno di magia per muoverci, se solo avessimo una carrozzina potremmo portarti con noi”.

Luisa allora sogna una carrozzina e questa compare davanti alle tre bimbe, una carrozzina per bimbe di 4 mesi, con ruote grandi e lucenti ed un cuscino tutto viola, proprio come il colore preferito da Luisa.
La piccolina svolazza dentro e dice “Perfetto, andiamo”.

Costanza ed Eleonora spingendo la carrozzina entrano nel bosco.

Al centro del bosco c’è un prato gigantesco e al centro del prato c’è la più grossa quercia che le tre bimbe abbiano mai sognato.

Luisa dice “Il villaggio del bosco incantato dovrebbe essere proprio qui, ma io non vedo niente”.

Le tre bimbe si avvicinano al centro del prato, arrivano sotto alla quercia e si accorgono che alla base dell’albero c’è una piccola porta, non più alta di una mela.

Eleonora bussa alla porticina. Dopo poco la porta si apre e ne esce un piccolo elfo, alto come la manina di Costanza, con le gambe sottili come le dita di Luisa e dai capelli ricci come quelli di Eleonora. L’elfo guarda in alto verso le bimbe e chiede “Cosa posso fare per voi?”.

Luisa dice “Sei tu che hai rubato il mio tesoro più prezioso?”.

L’elfo allora scoppia a piangere e dice “Sì, sono stato io, mi dispiace tantissimo. Volevo fare una sorpresa alla nostra regina. Volevo farla felice perché sono giorni che la regina degli elfi è triste. E se la regina non ride anche il suo popolo è infelice”.

Luisa allora si rattrista e dice “Ma quello è il mio tesoro, io lo rivoglio”.

L’elfo dice “Te lo restituirò, tanto non è servito a nulla, la nostra regina è ancora triste”.

L’elfo rientra nella porta. Si sentono i rumori dei suoi piccoli passi salire per delle scale. Le bimbe si accorgono allora che l’albero oltre alla porta ha anche tante finestre lungo il tronco. Luisa allora capisce che l’albero doveva essere abitato da migliaia di piccolo elfi.

Mentre le bimbe aspettano che il piccolo elfo ritorni col tesoro, Luisa pensa a tutti quegli elfi che vivono nell’albero e a come devono essere tristi perché la loro regina non è felice. La regina è un po’ come la loro mamma, e non è bello che una mamma sia triste.

L’elfo esce dalla porta e restituisce il tesoro a Luisa.

Luisa lo ringrazia e dice “Come è possibile che la tua regina sia triste. Avete provato a raccontarle una storia divertente?”

E l’elfo risponde “Sì, ma è ancora triste”:

Costanza dice “Avete provato con uno spettacolo di magia?”.

E l’elfo risponde “Sì, ma è ancora triste”:

Eleonora allora dice “Avete provato con della musica?”

E l’elfo chiede “Cos’è la musica?”.

Così le tre bimbe scoprirono che gli elfi non conoscevano la musica e la danza. Allora chiesero all’elfo di portare la regina e tutti gli altri elfi fuori nel prato.

Eleonora, Costanza e Luisa aspettarono che tutti fossero pronti e solo a quel punto si misero a cantare.

Eleonora iniziò con un canto di chiesa che le aveva insegnato la nonna. Continuò Costanza con la sua canzone preferita, “Brilla, brilla mia stellina”. Ed infine Luisa, stringendo al petto il suo primo bacio di mamma, iniziò a cantare una ninna nanna che sua madre le cantava ogni notte.

La regina sorrise nel sentire Eleonora, ballò seguendo il ritmo della canzone di Costanza, si commosse ascoltando la piccola Luisa. La regina non era più triste, lei e il suo popolo avevano scoperto la musica e non sarebbero più stati infelici.

E questa è la storia delle tre bimbe che, per cercare il primo bacio di una madre, insegnarono la musica agli elfi che vivevano al centro di un prato che si trovava su una montagna a forma di mamma, nel centro di un sogno di una bimba di 4 mesi.

E vissero tutti felici e contenti, per sempre.

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Goldrake e i terremoti

libri

Avevo quattro anni quando il terremoto distrusse l’Irpinia.  Io e la mia famiglia ci eravamo già trasferiti nella casa in campagna. Mio fratello sarebbe nato solo un paio di settimane dopo.

Nel corso degli anni, parlandone con i miei amici, ho scoperto che tutti si ricordano esattamente, dettaglio per dettaglio, dov’erano quella sera. Sembra sia il ricordo più forte che la mia generazione porta con se.

Io stavo disegnando su un tavolo nella stanza che mia madre usava come studio. Insieme a me c’erano i miei cugini mentre gli adulti stavano chiacchierando nel salone.

Mentre coloravo, il foglio sotto le mie mani si mosse. A partire da questo preciso momento io mi ricordo tutto, ogni movimento del mio corpo, ogni frase detta dai miei genitori, rivedo le mie mani sul foglio e il pastello tra le dita.

Sento mio padre che urla e che si avvicina. Giro la testa verso la porta, verso la sua voce che urla. Nel ruotare la testa, mi accorgo che il lampadario sopra di me sta oscillando, le ombre della stanza ballano.

Mio padre arriva. Blocca la sua corsa aggrappandosi ad uno stipite della porta. Adesso tiene tutte e due le mani appoggiate agli stipiti. Ha gambe e braccia allargate ad ics. Non riesce a mantenersi dritto e scivola da un lato all’altro della porta. Sorrido perché è buffo.

“Che cos’è?” gli chiedo.

E lui inizia ad urlare: “il terremoto, il terremoto, il terremoto “.

Si stacca dalla porta e mi salta addosso. Mi prende, mi regge con un braccio solo, mentre con l’altro cerca di mantenersi in piedi. Adesso vedo solo le sue gambe perchè sono a pancia in giù, il suo braccio che mi stringe sull’addome. Sento che anche i miei zii sono corsi in camera per raccogliere i miei cugini.

Mi scorrono davanti agli occhi, prima il pavimento del corridoio, poi quello del porticato di fronte casa, i tre gradini ed infine i lastroni di cemento che ricoprono il piazzale di fronte casa. Mio padre mi posa per terra. Mia madre dice qualcosa, ma non riesco a sentire.

Adesso siamo tutti in piedi di fronte alla casa e la stiamo guardando. Fuori è buio.

Io mi giro verso la collina che sale sulla destra della casa, sto aspettando che arrivino le esplosioni e la frana. Non arriva niente e io sono un po’ deluso. Mi giro verso mio padre, riesco ancora a ricordare la mia testa che si inclina verso l’alto cercando il volto di mio padre che nel frattempo mi tiene la mano, “papino dove sono le pietre? ci sono sempre le pietre che volano quando c’è il terremoto nei cartoni animati”.

“Non ci sono sempre le pietre con i terremoti” mi rispose e mi accarezzò. Mi piace immaginare che stesse sorridendo.

Ecco, a me torna sempre in mente quella sera quando succede un terremoto.